Il 10 Aprile 1919 moriva Emiliano Zapata, rivoluzionario, anarchico e guerrigliero messicano figura centralissima della rivoluzione messicana e non solo. Nato in una famiglia poverissima, nono di dieci figli la rabbia contro il regime dittatoriale di Diaz lo portò fin dal 1910 ad attivare la lotta armata diventando piano piano capo carismatico del Sud muovendo motti rivoluzionari armati per tutto il paese. Dopo una mirabolante vita e ad una serie di sanguinosi scontri, l’esercito rivoluzionario zapatista assieme a quello di Pancho Villa, entrarono a Città del Messico. Trionfanti. Fu in quel momento che lo stesso Emiliano Zapata si rifiutò di sedersi sulla poltrona presidenziale: “Non combatto per questo. Combatto per le terre, perché le restituiscano”. E fu così. La comune di Morelos, esperienza incredibile, tentò di ridistribuire le terre e il potere al pueblos ma le truppe di Obregòn colpirono durissimo e Zapata e il suo esercito fu obbligato a battere in ritirata dalla capitale messicana. Carranza riprese il controllo.
Emiliano Zapata ripiegò, quindi, verso il suo Sud dove proseguì con forme di guerriglia ed azioni rapide ma fu assassinato in un’imboscata il 10 Aprile 1919 presso la fattoria di Chinameca, per mano di un generale costituzionalista Jesus Guajardo. Morì così una delle figure centrali dei moti rivoluzionari sud-americani, volano spirituale e rivoluzionario del attuale EZLN ancora presente in Messico.
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