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Maria, Mimì, Eddy, Ciro, Antonio

Maria, Mimì, Eddy, Ciro, Antonio siamo con tutt* voi. Rilanciamo il comunicato che trovate qui, del Laboratorio Politico Iskra.


Appello pubblico contro gli avvisi orali notificati a Eddy, Mimì, Maria, Antonio e Ciro che minacciano le libertà personali e sindacali e il diritto al dissenso di tutti e tutte.Il 23 febbraio 2022 a Napoli sono stati notificati degli “avvisi orali” dalla Questura di Napoli ad Eddy, Mimì, Maria, Antonio e Ciro, protagonisti/e del movimento di lotta per il lavoro “Disoccupati 7 Novembre” e del sindacato intercategoriale “Si Cobas”.

Avvisi orali che esortano al buon comportamento e in cui il questore in persona “intima di tenere una condotta conforme alla legge” per evitare “l’applicazione di una delle misure di prevenzione previste”. Intimazione che si trasforma, nel caso di Eddy, in aperta accusa di essere dedito, tramite il proprio impegno sindacale, ad “attività illecite ai fini del proprio sostentamento”. Quella fredda mattina di febbraio ha risvegliato una sensazione, mai sopita, di inquietudine e una consapevolezza poco gradita: chi oggi chiede possibilità occupazionali, un salario stabile, apertura di posti di lavoro o difesa di quelli esistenti, viene trattato come un soggetto dalla pericolosità sociale, indagato/a e perseguita/o come tale.Tutto questo accade a Napoli e in tanti altri posti d’Italia dove scelte politiche ed economiche hanno favorito nel corso degli anni la piaga del lavoro nero, l’aumento esponenziale di precarietà e della disoccupazione. Mentre da nord a sud risulta ormai assente qualsiasi forma di welfare, milioni di persone vivono in condizioni di indigenza o povertà assoluta con un aumento considerevole del numero di lavoratori e lavoratrici che o hanno perso il lavoro o sono state/i costretti/e a firmare contratti a tempo determinato.

Alla luce di questa situazione ci chiediamo e chiediamo a chi non ha smesso di riflettere criticamente sulla realtà che vive quotidianamente: è forse contro la legge lottare per il riconoscimento del diritto al lavoro sicuro e retribuito? È forse contro la legge il tentativo di tanti e tante di provare a sottrarsi alla marginalità sociale, vera e propria piaga che condanna ad una vita infernale fasce sempre maggiori della popolazione a Napoli come altrove? È forse contro la legge il diritto di sciopero, l’attività sindacale condotta senza compromessi a ribasso, per il rispetto dei contratti collettivi nazionali di lavoro, delle norme di sicurezza, per la costruzione di presidi sanitari nei posti di lavoro in tempi di pandemia?Aldilà delle legittime valutazioni personali, siamo dinanzi all’ennesimo attacco nei confronti del movimento di lotta “Disoccupati 7 Novembre” e di un sindacato, il “Si Cobas”, sempre in prima linea nella difesa dei lavoratori e delle lavoratrici in diversi stabilimenti lavorativi. Attività perseguite non solo dalla Questura, ma anche da grandi aziende interessate nel mantenere intatti i propri profitti senza garantire diritti. Un’escalation fatta di multe, denunce, procedimenti di vario tipo, cinque processi da tenere nel solo mese di marzo, fino all’indagine per “Associazione a delinquere” che ha colpito alcuni/e di loro. Oggi arriva la notifica dell’avviso orale, una misura dichiarata come preventiva ma che limita pesantemente i destinatari e le destinatarie, fondando la sua legittimità su congetture pretestuose, formulabili solo se si dà per assunto che la legge non valga per tutte e tutti e che dunque non esista libertà personale, sindacale e politica.

La Questura di Napoli ritiene necessarie le notifiche di questi provvedimenti ai danni di chi porta avanti le sue battaglie in modo chiaro e trasparente per il diritto al lavoro in quella che è una delle città con il più alto tasso di disoccupazione, lavoro nero, sommerso e irregolare di tutta Europa. Una città che sta duramente soffrendo questi due anni di pandemia che hanno aggravato una preesistente crisi economica e sociale.In un momento così delicato le istituzioni, invece di dare risposte concrete al disagio sociale, alla disoccupazione, alla precarietà ed al lavoro nero, criminalizzano e reprimono chi si organizza per emanciparsi dalla povertà e dalla marginalità tramite la lotta.

Questo atteggiamento risulta difficilmente comprensibile se proviene dalle stesse istituzioni che accettano di sedere al tavolo con questi “pericolosi” individui.Basti pensare che il Movimento dei/delle disoccupati/e ha incontrato numerose volte il vescovo di Napoli, Mimmo Battaglia, in sedi istituzionali Prefetti, Sindaci, delegati di ogni ente locale, ha partecipato ai tavoli organizzati con i ministri del Lavoro, in ultimo Andrea Orlando, e ha interloquito perfino con la segreteria del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Deputati e senatori della Repubblica si sono espressi per sollecitare una soluzione alla vertenza dei “Disoccupati 7 Novembre”, oggi dichiarati/e come delinquenti dagli stessi organi dello stato. Lo stesso Movimento è tutt’ora in trattativa dopo aver conquistato, tramite la lotta, la possibilità di sedersi al tavolo interistituzionale convocato dalla Prefettura per l’Emergenza lavoro a Napoli. La storia del Movimento “Disoccupati 7 Novembre”, è la storia di una lotta che non ha retroscena, segreti o scheletri nell’armadio. Essa ha il merito di essere diventata un presidio di democrazia diretta per l’accesso al lavoro, uno spazio di crescita per molti disoccupati e molte disoccupate e per chi ha sempre vissuto combattendo contro la miseria, in una città che ha fatto della conoscenza privata e del clientelismo l’unica via per un’occupazione stabile.

Forse questa lotta, al pari della solidarietà tra lavoratori e lavoratrici e disoccupati/e, fa paura a qualcuno?

Mentre si moltiplicano dubbi, domande e perplessità, esiste solo una certezza: non possiamo e non dobbiamo accettare che si reprima in questo modo il dissenso di chi lotta per i diritti di tutti e tutte.Precedenti, simili, tentativi di indagine da parte degli inquirenti, a Napoli come in altre città nei confronti di movimenti di lotta o attivisti/e, si sono rivelati un buco nell’acqua per la loro infondatezza. Resta la gravità dell’attacco portato avanti, anche nel caso di Eddy, Maria, Mimi’, Ciro e Antonio, con il solo obiettivo di provare a minare la possibilità di azione e organizzazione per settori sociali in crisi.

Dinanzi a questo pericolo ci rivolgiamo a chi ancora crede che cambiare le cose sia possibile, a chi ritiene inaccettabile tale procedimento, a chi guarda alla necessità di schierarsi al fianco di chi legittimamente combatte per una vita degna soprattutto in questa fase di crisi prolungata.Ci rivogliamo ai giornalisti e alle giornaliste, interessate/i a raccontare la storia collettiva del Movimento “Disoccupati 7 Novembre”, e a chiunque, in giro per l’Italia, voglia confrontarsi con i/le protagonisti di questa lotta oggi sotto attacco.

Ci rivolgiamo alla società civile tutta, al mondo accademico, al mondo della informazione, ai giuristi e alle giuriste, agli artisti e alle artiste, agli e alle intellettuali, auspicando che in tanti e in tante sottoscrivano quest’appello*. Siamo convinti/e che sia necessaria una presa di parola collettiva rispetto a questa vergogna.Non basta una difesa legale quando è lo stesso Stato colui che ti accusa. La risposta, in questo caso, deve essere sociale e collettiva. L’ isolamento è la più grande arma del potere, non lasciamo nessuno e nessuna da sola/o a subire la repressione. Difendiamo il nostro diritto al dissenso, resistiamo agli attacchi che subiamo e proseguiamo insieme le nostre battaglie per migliorare l’esistenza di tutti e tutte noi.

Io sto con Maria, Mimì, Eddy, Ciro, Antonio!

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