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Schwa

L’ Accademia della Crusca, interpellata dalla Corte di Cassazione, lancia la sua visione democristiana della lingua che potremmo riassumere nella frase “No alla schwa, no alla reduplicazione ma comunque siete bravi e sensibili”. No voglio essere liberə di poter parlare e scrivere in maniera inclusiva, per tutte quelle singolarità non binarie. E se necessario faticare quel tantino di più per salutare o parlare a tutte e tutti beh lo farò. Le motivazioni dei “custodi della lingua” come spesso citati da diverse testate giornalistiche nazionali si muovono su tre temi. Sulla troncatura di genere il niet è chiaro: troppa ideologia e troppa moda in tutto questo. Ah. Moda. Ah. Ideologia. Non necessità evolutiva, antropologica e comunicativa. No di quella nemmeno l’ombra. Sulla reduplicazione, invece, viene vista come pura mossa retorica. Ah. Retorica. Non volontà di, per esempio e banalmente, salutare tutte e tutti.

Nel insieme si intende che queste decisioni linguistiche siano state prese da un gruppo minoritario che derivano dallo spirito del tempo. Pare di leggere l’episodio della Genesi 11, 1-9 nella quale Dio, dal alto della sua prelata posizione, divise l’umanità che all’epoca parlava una lingua universale in diversi idiomi così che non si capissero. Così che non si parlassero mai più, perché il regno dei cieli che tanto volevano raggiungere con la Torre di Babele non doveva essere in alcun modo detronizzato.

Ma che fastidio da aprire un sano, amplio, culturale e politico dibattito sulla schwa senza quella consueta retorica del perpetratore che diventa protettore, senza quella insensibilità espansa delle dotti menti che delimitano una forma sperimentale affascinante in una moda passeggera?

Il regno dei cieli, è salvo. Andate in pace, amen.

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