Il 12 Maggio 1977 Giorgiana Masi viene assassinata a colpi di pistola durante una manifestazione per l’anniversario del referendum sul divorzio. Il corteo è organizzato dai radicali e ben presto il clima diventa incandescente. Partono scontri e tafferugli e in una carica viene colpita da una calibro 22 a distanza ravvicinata proprio Giorgiana Masi. La ferita è gravissima, l’addome è messo malissimo. La corsa in ospedale risulterà inutile. Il coltello misogino non si arresta nella sua velenosa azione: poche ore dopo il fatto “qualcuno” scrive sul muro in prossimità del omicidio “Giorgiana puttana”. Le solidali e i solidali prontamente cancelleranno l’ignobile scritta. Il processo si chiude nel 1981, in un nulla di fatto. Nessuno è Stato. Lo stesso Cossiga dichiarerà che “gli agenti non erano armati” anche se in numerose fotografie di quei convulsi momenti si possono riconoscere diversi agenti in borghese e non brandire armi da fuoco.
Il 12 maggio 1997 il noto criminale neofascista Angelo Izzo, uno degli autori del massacro del Circeo, rese dichiarazioni spontanee a un giudice e in seguito al deputato della Federazione dei Verdi Athos De Luca, in cui accusò il suo ex complice Andrea Ghira (del quale all’epoca era sconosciuta la morte avvenuta nel 1994) di aver sparato lui quel giorno del 1977, per “colpire una femminista” a caso.
Nel 1998 si riaprono le indagini anche sotto numerose pressioni da parte dei comitati e da parte di alcuni esponenti politici. Per l’ex presidente della Commissione Stragi Giovanni Pellegrino, le parole di Cossiga pronunciate sull’accaduto confermerebbero come “quel giorno ci possa essere stato un atto di strategia della tensione, un omicidio deliberato per far precipitare una situazione e determinare una soluzione involutiva dell’ordine democratico, quasi un tentativo di anticipare un risultato al quale per via completamente diversa si arrivò nel 1992-1993“.
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