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Debolezza Turetta

I genitori di Turetta in colloquio col figlio: “Hai fatto qualcosa, non sei mafioso, non sei uno che ammazza persone, hai avuto un momento di debolezza”. La disarmante tesi del padre di Filippo Turetta in colloquio col figlio in carcere in provincia di Verona per aver brutalmente assassinato Giulia Cecchettin.

Questi stralci di conversazioni, recentemente pubblicati mezzi stampa, derivano da intercettazioni ambientali nella stanza dei colloqui attualmente verbalizzate nel fascicolo processuale. La narrazione tossica di questi atti coincide con la finta realtà portata in tesi dal genitore. Il femminicidio, invece mio caro, è solamente derivante da una sistematica misoginia e da un feroce patriarcato che, come da tua viscida tesi, riverberano nelle tue giustificazioni. Da maschio. Già.

La violenza di genere e tutti gli altri innumerevoli atti violenti volti a fortificare la posizione di dominio del patriarcato non sono gesti di “debolezza” ma sono veri e propri atti ad offendere nati e sviluppati nella cultura macista fino a sfociare nella più definita condizione del “femminicidio”. Non sono debolezze sono chiare e nitide pratiche di dominio.

Durante i colloqui il figlio chiede anche al padre se ha perso il “lavoro” per “colpa sua” e la risposta del padre comincia la possiamo riassumere dalle fonti così: “Ci sono altri 200 femminicidi. Poi avrai i permessi per uscire, per andare al lavoro, la libertà condizionale. Non sei stato te, non ti devi dare colpe perché tu non potevi controllarti”. Come se il suo fatto fosse ridicolizzato dal altissimo numero di questi atti infami, come se non eri in te quindi giustificato da chissà quale stato di esternalizzazione della personalità, come se il controllo si perdesse come perdo un semplice oggetto.

Non è per niente così. Il femminicidio è un fatto di gravità enorme perché rappresenta la più vile e definitiva azione misogina, macista e patriarcale e se questa società continuerà a giustificare i “poveri bravi ragazzi” di aver perso “la testa” allora non cambierà nulla.

Lottare tutt*, tutte e tutti insieme ovunque: nelle scuole, nei posti di lavoro, nella quotidianità per cambiare rotta, perché gli scogli continuano a macinare corpi, anime e singolarità sacrificate sull’altare del “raptus di follia”. Ora basta!

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