
Come fu a Mirafiori il 29 Marzo 1973, occupate le fabbriche! Occupate tutto! È tempo di fermare le produzioni per farci ascoltare, per farci sentire, per strappare dal baratro dei ricordi una rivoluzione sociale che si basi sui diritti di tutt*, tutte e tutti contro i padroni che ancora oggi ci massacrano. Ci massacrano i corpi uccidendo sempre più persone (anche quest’anno i morti sul lavoro sono in aumento a doppia cifra nda), uccidono studenti e studentesse con l’alternanza scuola-lavoro, tentano sussurrando di convertire la produzione industriale classica in militare sfruttando le guerre e i genocidi di procura, destrutturano le università con attività plagiate da regimi sionisti che creano giocattoli di morte grazie alle compiacenti aziende italiane.
La storia dell’occupazione di Mirafiori agli inizi degli anni 70 segna un momento conflittuale in una delle fabbriche più importanti del paese. Non si occupava dagli anni 20 e mai si poteva scioperare, causa una ferrea e fascista disciplina derivante dalla repressione dei padroni e delle compiacenti forze dell’ordine. Ed invece, con un balzo di resistenza, quelle anime decisero di dire “no”. Decisero di dire “basta” a tutto questo: riduzione degli orari di lavoro e quindi di salario, decurtazione sempre salariale perché “se sei sovversivo e se hai la tessera del sindacato, beh vali meno e sei fastidioso”, i diritti delle donne calpestati dai soliti noti maschietti misogini e patriarcali e come sempre le morti fra incendi, mancanza di protocolli di sicurezza e tanto altro ancora.
Quanto è cambiato da allora? Poco o nulla. I compiacenti e carrieristici sindacati confederati hanno lentamente ma continuamente venduto al miglior offerente i diritti strappati con resistenza e collettività riducendo lo scudo sociale ad uno stuzzicadenti contro un carro armato capitalistico. Una sfida impari.
Ma anche oggi, soprattutto oggi, con un riarmo europeo e nazionale alle porte, con la deriva fascistoide del governo in carica, con la repressione dei soliti gendarmi, con le scuole a pezzi e le periferie abbandonate il mio grido è uno solo: occupate le fabbriche! Fermiamo la produzione! Occupiamo tutto! È tempo di farci ascoltare. È tempo di lottare.
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